Il legame tra marca temporale e documento sottoscritto con firma digitale sembrava, fino a oggi indissolubile. La recente ordinanza n. 4251/2019 della Cassazione infatti ha messo in discussione questa unione indissolubile con la seguente motivazione: “la c.d «marca temporale» è un servizio specificamente volto ad associare data e ora certe e legalmente valide ad un documento informatico, consentendo, quindi, di attribuirgli una validazione temporale opponibile a terzi (cfr. art. 20, comma 3, del d.lgs. n. 82 del 2005, cd. Codice dell’Amministrazione Digitale). Il servizio di marcatura temporale può essere, quindi, utilizzato anche su file non firmati digitalmente, parimenti garantendone una collocazione temporale certa e legalmente valida. La marca temporale, dunque, attesta il preciso momento in cui il documento è stato creato, trasmesso o archiviato. Infatti, quando l’utente, con il proprio software, avvia il processo di apposizione della marca temporale sul documento (informatico, digitale o elettronico), automaticamente viene inviata una richiesta contenente una serie di informazioni all’Ente Certificatore Accreditato (nel nostro caso Aruba PEC), che verifica in maniera simultanea la correttezza della richiesta delle informazioni, genera la marca temporale e la restituisce all’utente. Questo processo automatico ed immediato garantisce la sicurezza e la validità del processo di marcatura.